Verona, obiettivo centrato!

Ginevra alla Maratona di Verona

Vera Poiatti, Avvocato esperto Diritto Sportivo

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Andrea Civardi, Fisioterapista e Osteopata

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CENTRO MEDICO SANUS VIVERE

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Ci sono giornate che sono perfette, ma quando iniziano ancora non lo sai. E così quando la sveglia suona alle 4.20 il primo pensiero è “ma chi me l’ha fatto fare?”.
Nonostante questo ti alzi ti prepari e vai all’appuntamento con la tua squadra, il Podismo Muggiano.
Il pensiero ritorna quando scendi dal pulman a Verona e sei già in pantaloni corti – perchè è tardi, tardissimo e se non ti sbrighi non riuscirai a fare i tuoi riti pre maratona – l’aria è fredda e rabbrividisci.
Però corri e raggiungi Barbara ed Enrico che si sono alzati prestissimo ed hanno ritirato i pettorali per tutti. Pinzi il pettorale sulla maglia, storto come sempre, infili tutto nella sacca ,la depositi al camion e riesci a completare il rituale pre partenza.
Quando sei in griglia batti i denti per il freddo e di nuovo ti domandi “perchè?”.
Poi lo sparo, si parte. Passi sul tappeto blu che stai ancora tremando e i primi 5 km sei concentrata nel ritrovare l’equilibrio termico.
Sei con Barbara, che rientra dopo un lunghissimo stop, direttamente sulla distanza Regina. Perché le cose – se si fanno – bisogna farle bene.
Lei tiene il passo, ti dice di rallentare quando vede che state tirando troppo e – non si sa come – trovate anche il modo di fare due parole.
Il percorso scorre veloce e pianeggiante, i km passano uno dopo l’altro, il ritmo è buono. Qui e lì incontrate qualche compagno di squadra e condividete un pezzo di strada assieme, addirittura vi coinvolgono in una foto di gruppo in corsa.
Al 25esimo però vi separate e inizi a domandarti come andranno le cose… ripensi a Venezia quando fino al 30esimo era andato tutto bene, salvo poi sbattere nel famoso muro del 35esimo e arrancare a fatica lungo il ponte della Libertà.
I 6 km successivi li fai con Flavio, in silenzio, ma avere affianco un compagno di squadra aiuta sempre. Per di più incroci Marco che arriva in direzione opposta, si sposta per darti un 5 e chiederti come va.
Del 32esimo km o giù di lì ricordi il ponte sul fiume e di esserti domandata “che fiume è? come diamine faccio a non saperlo?”.
Poi la ciclabile e le auto in strada che suonavano il clacson per un ingorgo e di aver pensato “toh come a Milano”.
Dopo c’è una specie di buco nero, le gambe hanno continuato ad andare, ma il cervello è entrato in modalità risparmio energetico.
Hai ricominciato a tornare alla realtà verso il 40esimo giusto 200m prima del ristoro, in tempo per ingurgitare l’ultimo gel e bere.
Poco dopo una lieve salita e un runner che vedendoti in difficoltà ti dice “coraggio ci siamo quasi” e tu di rimando “la salita è una cattiveria” e lui che insiste “non mollare, passi piccoli e rapidi ” e in effetti ha ragione, la salita finisce in fretta.
Poi i sampietrini del centro e prima dell’ultima curva i compagni di squadra che urlano il tuo nome e tu che trovi la forza di sorridere, salutarli e allungare il passo.
Infine il rettilineo finale, il gonfiabile blu , passare sul tappeto a braccia alzate e subito dopo spengere il Garmin chiedendosi “chissà quanto ci ho messo”.
E scoprire che hai centrato l’obiettivo e camminare col sorriso ebete verso la medaglia.
E – se fosse rimasto qualche dubbio – avere infine la certezza assoluta che la giornata è perfetta, quando Max e Dario ti accolgono con una birra fresca e un trancio di focaccia.

Ginevra Barroero