Un passo alla volta…..di Ginevra Barroero

Sabrina Coppola, Fisioterapista e Osteopata

Professionista convenzionato
Vedi scheda

Simone Vivaldi, Personal Trainer

Professionista convenzionato
Vedi scheda

Hotel Valtellina Cola Hotels Livigno

Azienda partner
Vedi scheda

Il 2014 è stato l’anno delle notizie che non vorresti sentire, delle difficoltà da affrontare e della paura di non farcela. L’anno in cui mi sono data una regola e per assimilarla meglio me la sono tatuata su di un braccio: “Un passo alla volta”. E cosa meglio di una maratona ti insegna a non farti spaventare dal contorno, ma a concentrarti su di ogni singolo passo?

Quindi, dopo Roma a marzo, non c’è voluto molto tempo prima che decidessi di iscrivermi alla Nizza Cannes prevista ai primi di novembre. L’idea era quella di andare in gruppo, con i compagni di squadra. Ma la vita non è mai lineare e quindi – saltando un po’ di passaggi – eccomi a fine novembre a salire da sola sul treno alla volta di … Firenze!

Firenze è bella, bella quasi come Roma o forse di più, solo in maniera diversa. Così bella che mi sono presa almeno un paio di cazziate perché camminavo a naso in su senza guardare dove mettevo i piedi.

Sono da sola, ma la città è piena di gente e quelli che correranno li riconosci subito da un dettaglio: possono essere le scarpe, un braccialetto, la lettera di conferma in mano. E così la strada per lo stadio di atletica la percorro con una famiglia di Napoli, in cui a correre è il papà. La cena del sabato sera – a cui mi sono autoinvitata – la faccio in compagnia di un nutrito gruppo del Raschiani Triathlon Pavese, con cui passo una piacevole serata (grazie a tutti!). La mattina della gara a colazione in albergo trovo un ragazzo che vedendo la mia tuta, mi dice “ma tu sei amica del …” e via a chiaccherare e confrontarsi sull’abbigliamento per la gara.

E poi uscire ed avviarsi alla partenza: ho la mappa in mano, ma non serve. Nella città silenziosa ci sono Runner che sbucano ad ogni portone e si avviano verso la partenza come rispondendo ad un richiamo muto. E poi la vestizione, la fila per il gabinetto, raggiungere la propria gabbia, aspettare la partenza, sentire lo sparo e dopo 4 minuti passare sul tappeto blu alzando le mani e salutando la telecamera.

La strada è un po’ stretta e si crea qualche ingorgo, il quinto km arriva in un baleno. Verso il settimo si entra alle cascine un grande vialone alberato, lunghezza stimata più infinito, della serie che tutti ti dicono “bella Firenze, ma la cascine…” sottintendendo orribili tormenti.

Delle cascine (un giro di circa 7 km) in effetti ricordo poco: la signora in giacca viola che scampanava imperterrita incitando tutti all’andata e al ritorno – che ancora mi domando se poi qualcuno l’ha avvisata che la corsa è finita o se è ancora lì che scampana- di esser passata sul tappeto della tds almeno due volte, di aver scambiato quattro chiacchere con uno dei ragazzi che era a cena e stava inseguendo i pacer delle 4h 15 (e poi mi sa che li ha pure superati perché non l’ho più visto).

Al ventesimo ho preso il primo gel, al ventunesimo passando sul tappeto della mezza mi son detta che stavo per iniziare una mezza e potevo spingere un po’ di più per poi cambiare subito idea sentendo qualcuno che diceva “andiamo calmi che se tiriamo troppo adesso poi la paghiamo dopo”.

Poi ho perso la cognizione del tempo e dei posti. So di aver corso seguendo la linea verde che traccia il percorso e di aver pensato che ero fortunata, perché potevo correre un maratona e potevo essere lì a calpestare la stessa riga che avevano sfiorato i campioni nella loro volata. So di aver applaudito ad ogni complesso che ho incrociato e di esser andata più veloce nei tratti in cui la musica dal vivo mi accompagnava.

So di aver affrontato un ponte piuttosto ripido senza smettere di correre e di esser scesa volando . So di aver visto un frate col saio che correva e un capo indiano e non erano allucinazioni.

So di aver fatto un sacco di smorfie e di essermi irrigidita, ma di aver ripetuto spesso il mantra del gruppo VPMèC :

mento alto, spalle basse e mascella rilassata tipo bulldog.

la bocca semiaperta, non respiri, è l’aria che respira te,

non muovi le gambe loro corrono da sole per te.

e il dolore non è un problema tuo, la fatica non è un problema tuo, tu non hai problemi.

puoi essere stanca ma hai un cuore grande così che ti spinge…

E che il mantra ha funzionato.

So di aver perso e ritrovato infinite volte i palloncini delle 4 h e 15, ma che negli ultimi km li ho agganciati ed ho fissato intensamente il sedere di uno di loro, credo fosse quello che a inizio percorso diceva “ho sempre saputo che un giorno le donne mi sarebbero corse dietro”.

So che un pacer delle 4 e 15 a 2 km dalla fine se n’è andato per i fatti suoi in una traversa della via dove stavamo correndo e che gli altri in zona deposito borse si sono fermati ad aspettare non so chi.

So che un ragazzo si è sporto dalle transenne proprio quando stavo entrando sulla passerella che portava al traguardo ed ha urlato “GO GO GO YOU’RE ALMOST THERE” ed io ho pensato che parlasse proprio con me e mi è venuto da piangere.

Ma poi mi son detta che l’arrivo me lo dovevo godere, ho sorriso (fino a evidenza fotografica contraria) ho alzato le braccia al cielo e mi sono goduta ogni singolo passo.

P.S. per la cronaca chiusa in 4h 14 m 34 sec (Real Time 4h 10 min 58 sec).

 

2 commenti su “Un passo alla volta…..di Ginevra Barroero

I commenti sono chiusi.