La Monza Resegone è un lungo viaggio – di Ginevra Barroero

Andrea Civardi, Fisioterapista e Osteopata

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La Monza Resegone è un lungo viaggio, quando inizia di preciso nessuno lo sa o, almeno, io non l’ho ancora capito. Di sicuro era molto prima del 21 giugno 2015.

Forse è iniziato quando l’ho sentita nominare per la prima volta o forse quando Greg – un mio compagno di squadra – mi ha raccontato con gli occhi luccicanti la sua prima volta sul Resegone. A voler essere più pratici potrebbe esser iniziata quando ho chiesto su Facebook chi voleva fare squadra con me o quando a inizio aprile la richiesta di preiscrizione è stata spedita.

Di sicuro è diventata realtà quando a fine aprile ho visto nero su bianco il nome della mia squadra nella lista di quelle ammesse. Ha iniziato ad essere un pensiero fisso un mese più tardi quando è stato pubblicato l’ordine di partenza e ho visto per la prima volta l’88, il nostro numero di pettorale.

Quando c’è stato da organizzarsi per preparare la borsa dei cambi da lasciare in Capanna e per capire chi avrebbe lasciato la macchina ad Erve ho cominciato a chiedermi quanto sarebbe durata questa gara che ancora dovevo iniziare a correre e già aveva assorbito un sacco di energie mentali.

Poi è arrivato il 21 giugno, mentre salivamo i tre gradini che ti portano sulla rampa di partenza, ho guardato i miei compagni di avventura Giuseppe ed Igor e il pensiero unanime è stato un poco poetico “e adesso son cazzi”.

Poi le luci, lo speaker che dice i tre nomi, ci augura buona fortuna e “3,2,1… via” : siamo partiti.

Scendiamo sulla passarella blu e corriamo il primo km in mezzo a due ali di folla che ci applaudono e urlano come fossimo campioni e a quel punto preoccupazioni e pensieri sono spariti, siamo noi tre e l’unica cosa che dobbiamo fare è mettere un piede dietro l’altro e non perderci di vista.

Il percorso è un falso piano, attraversa molti paesi e in ogni centro abitato c’è la folla che ti incita, alle volte anche nel mezzo del nulla c’è qualcuno che ti applaude.

Proseguiamo a passo tranquillo, salvo farci prendere dall’entusiasmo nei tratti davanti al pubblico.

Superiamo una squadra, pian piano iniziano a superarci alcuni partiti dopo di noi.

Quando la strada esce dai paesi comincia a farsi buio ed accendiamo la frontale, un po’ per vedere dove mettiamo i piedi, un po’ per farci vedere dalle auto (che fortunatamente sono poche).

A Cernusco L. c’è mia cugina Silvana che mi aspetta, scruto la folla e non la vedo, poi mi sento chiamare e la travolgo con un abbraccio sudaticcio per ringraziarla del tifo personalizzato. Raggiungo di nuovo i miei compagni e continuiamo.

Buio luce, squadre che passano, quelli bravi – quasi tutti – che ti salutano e ti dicono bravo.

Igor è geloso perché spesso i brava me li becco io e lui si sente il figlio della serva. Giuseppe invece no perché lui conosce tutti –sempre- addirittura nel mezzo del nulla incontra un compagno di naja.

A Calolziocorte attraversiamo il ponte sull’Adda – o forse è ancora lago – c’è vento e quell’odore caratteristico di nafta e d’acqua che mi ricorda quello che si sente in un porto di mare, poi inizia la salita.

Si tagliano i tornanti passando su quelle che in Liguria chiameremmo creuxe, di correre non se ne parla arranchiamo in su verso la notte. Ad un certo punto mi giro e vedo le acque scure del lago e le luci sulla riva e per un secondo mi dimentico la fatica ammirando il paesaggio.

Continuiamo a camminare, finite le scorciatoie si prosegue sulla strada che in alcuni punti è tagliata nella roccia della montagna.

Ci raggiungono Greg Emiliano e Daniele in formazione compatta, partiti un’ora dopo di noi e ancora scattanti nonostante la salita. Ci dicono che la terza squadra del Podismo Muggiano – formata da Mirko Marco e Danilo – si è ritirata causa infortunio.

Igor comincia a fare i calcoli di quanto tempo ci rimane per raggiungere il cancello di Erve, sembra tanto tempo, ma proseguendo iniziano a venirci i dubbi, ma il cancello a che km è? Se è al 36esimo ci stiamo, se è al 37esimo siamo fregati. Dov’è il paese? Sarà mica quello lassù? Miseria siam fregati non ce la faremo mai.

All’improvviso la strada spiana e dietro la proverbiale curva che c’è in ogni storia che si rispetti, compare un gonfiabile… “il cancello, ecco il cancello, dai che ci stiamo dentro” raccogliamo le ultime energie e ricominciamo a correre fino al fatidico beep del passaggio sul tappeto. Beppe chiede conferma un paio di volte se il cancello è proprio quello e se siamo dentro. Poi ci buttiamo sul ristoro.

Ancora mezzo km e la strada finisce ed inizia il sentiero. Hellen mi aveva avvertito “lascia a casa l’orologio, l’ultimo pezzo è impegnativo”, il Garmin segue il suo consiglio e si scarica definitivamente.

La salita paradossalmente la trovo meno dura del tratto Calolziocorte Erve, si procede incolonnati, una fila di lucine nel buio della notte, a tratti si procede a quattro zampe e comunque ci si ferma spesso per lasciare strada a quelli più veloci.

Alla Bocchetta Forcellino c’è un ristoro, ma quello a cui puntiamo è la birra e al panino che ci aspettano alla Capanna Alpinisti Monzesi. Igor chiede a quelli che scendono “quanto manca? Quanto manca?” mi vien da ridere perché mi sembra mio figlio in macchina. E comunque – non si sa come sia possibile – mancano sempre 20 minuti.

Alla fine “siete arrivati ricompattatevi che vi fanno la foto”, ci abbracciamo davanti al fotografo, facciamo gli ultimi tre passi e siamo arrivati sul serio.

L’addetto al rilevamento dice, squadra 88 che ci fate qui? Siete ritirati! Come ritirati stai scherzando? Guardaci siamo qui siamo in tre, certo le facce non saranno il massimo, ma di certo non ci siamo ritirati. L’equivoco si chiarisce, hanno invertito squadra B con squadra C. Risultiamo regolarmente classificati.

Poi le borse, il panino la birra la discesa l’ultimo ristoro, la brioche al bar di Erve… il rientro a Monza… e finalmente a casa.

La Monza Resegone è un lungo viaggio, non si sa dove comincia e nemmeno bene quando finisce.