La mia prima maratona (Roma 2014)

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La prima maratona è quella a cui ti iscrivi perché “Una volta nella vita…”

La prima maratona la scegli con il cuore, non con la ragione – del resto, diciamocelo, iscriversi ad una maratona non è un atto molto “ragionevole” se hai 38 anni, un lavoro full time a 20 km di strada trafficata da casa ed un bimbo di quasi tre anni che reclama le tue attenzioni.

La prima maratona la scegli perché un amico e compagno di squadra si è iscritto, lo stesso che una mattina del 2010 ti ha trascinato alla prima corsa organizzata della tua vita la run 5.30 . E l’entusiasmo – si sa – è contagioso.

La prima maratona c’è un momento che dici “Non ce la posso fare”, non è il 30esimo km, non è lo start è molto molto prima: il momento in cui inizi a studiare tabelle e libri per capire come allenarti e rimani stordito da quella sequenza di numeri che sono i km da percorrere settimanalmente.

La prima maratona è quella in cui decidi che “Ce la devo fare” e ti avvali dell’aiuto da casa, anzi dell’aiuto del Coach.

La prima maratona rispolveri il tuo spirito da secchiona e ti applichi a fare i compiti, ti alleni con regolarità nonostante uno scivolone a metà percorso e fai di tutto per seguire meticolosamente la tabella e le indicazioni che ricevi.

La prima maratona pensi bene di farti venire la tonsillite il martedì, correre supplicante dal dottore mercoledì, aspettare spasmodicamente l’ora della prossima dose dell’antibiotico per tutti i giorni che ti separano dalla partenza nella speranza di ricondurre a ragione le tue tonsille.

La prima maratona quando sei imbottigliato in griglia ed aspetti lo start, viene uno scroscio d’acqua incredibile e pensi “ma chi me l’ha fatto fare”, poi però la massa umana si muove, gli altoparlanti sparano The final countdown  e all’improvviso stai passando sul tappeto e ci sei solo tu e 42 km 195 m.

La prima maratona è un po’ affollata e fra te e i 42km 195 ci sono altre migliaia di persone che sfrecciano, camminano, si ingorgano cambiano direzione all’improvviso. Ma tu segui la regola base “non fare più di tot a km ” e le postille “stai lontano dai marciapiedi, non fare zig zag” che fortunatamente in quel bailamme si sposano benissimo.

La prima maratona al 2° km hai già perso il tuo compagno di strada, al 5° km ci arrivi in un baleno, del 10° km hai ricordi confusi. Da qualche parte prima del 15°esimo incontri qualcuno che conosci (ciao Nicola!), saluti e vai avanti. Al 20° devi prendere il primo gel e ti organizzi. Da qualche parte prima del  25°  reincontri il tuo compagno di strada che ti chiede come stai e ti dice di andare e tu vai.

Prima del 30° inizi ad accusare la fatica, sei da qualche parte vicino a dei campi da tennis, un ginocchio ha dato segno di cedimento e inizia un pezzetto in leggera salita. Incontri Fabio dell’atletica ostiense che sta tirando Paola una podista lombarda e attacchi discorso per farti distrarre un po’. Ti presenta anche Valentina. Al 30° km prendi il secondo gel e perdi di vista Fabio Paola e Valentina.  Al 34° km pensi “ok, questi sono territori inesplorati, più di 34 non ne ho mai fatti vediamo come va”, concentrata su questo pensiero ti trovi davanti il 35° km e “azz devo prendere il gel”. Al 37° sbatti contro al famigerato muro, i glutei e metà dei dorsali sono diventati un blocco di marmo, ripeti come un mantra lo slogan che hai letto su di una maglietta “la fatica è momentanea, la gloria è per sempre”, ma non sei convinta. Al 39° dici “però sono quasi 40”.

Poco prima del 40° ritrovi Valentina che sta camminando e correte insieme fino al ristoro. Al 40° pensi a quanto sono 2  km dalla porta di casa tua e pensi “ce l’ho quasi fatta”.  Il 41° vedi la gente che molla per i crampi che si appoggia alle transenne e pensi “ma quanto cavolo è lungo sto km” poi un volontario ti dice “dopo il semaforo è discesa, vai sei arrivata” e allora sai che ce la stai facendo. Per la prima volta guardi il Garmin per capire da quanto tempo stai correndo e vedi che ce la puoi fare a stare sotto le 4h e 30 min. Arrivi sui fori Imperiali, acceleri e ti coglie il pensiero che nelle foto uscirai con una faccia orribile, ma te ne freghi . Sono 42 km 195 m e sei ancora viva.